6. ARRIVARE IN AMPEZZO
PANORAMI, VEDUTE, SCRITTORI
location_on Pocol, Belvedere
In certe giornate limpidissime di autunno, perfino dai tetti più alti di Venezia si possono distinguere, anche senza bisogno di binocolo, le Dolomiti. Non solo il loro confuso profilo di montagne, misteriosa barriera che chiude il nord (e al di là che cosa esiste? quali mondi si stenderanno di là della muraglia?). Ma se ne riconosce anche il colore (…). E da tutto questo, per chi guarda dal fondo delle valli, che colore risulta? È bianco? giallo? grigio? madreperla? È color cenere? È riflesso d’argento? È il pallore dei morti? È l’incarnato delle rose? Sono pietre o sono nuvole? Sono vere oppure è un sogno?
Dino Buzzati, Ma le Dolomiti cosa sono?
In questo punto di osservazione privilegiato, sbucati dalla galleria scavata nella roccia oppure arrivando dal centro di Cortina, si sono fermati ad ammirare il paesaggio straordinario delle Dolomiti centinaia di scrittori. Siamo in prossimità del “Belvedere” ampezzano. È qui, nell’ottobre del 1948, che Ernest Hemingway torna a Cortina venendo dal passo Falzarego, a bordo della sua Buick, con la quarta e ultima moglie, Mary Welsh. I due si fermano a contemplare le creste e la valle. Da questo luogo nel 1872 la viaggiatrice e scrittrice Amelia Edwards fa un disegno accurato dell’Antelao, “che qui è visto nel suo massimo vantaggio. Da nessun altro punto, in effetti, è possibile avere una visuale così buona del grande pendio di neve sul retro della cima in combinazione con i contrafforti scheggiati che colpiscono verso Borca e Vodo nella parte anteriore”. Si legge nelle prime guide delle Dolomiti, come quella di Gabriel Faure del 1914: “da questo risalto roccioso che sporge sopra il circo d’Ampezzo come lo sperone di un’alta nave si può vedere la valle nel suo insieme, senza che il paesaggio si riduca ad una carta geografica in rilievo”. Nel film Mercoledì delle ceneri (1973) di Larry Peerce, Elizabeth Taylor passa di qui, dopo i tornanti del Passo Giau, diretta alla valle d’Ampezzo. Ma l’arrivo a Cortina è prima di tutto un’emozione, che la grande letteratura immortala. Goffredo Parise, 1974: “arrivare a Cortina di notte, d’inverno, se si ha moltissima fortuna in una notte di neve. Vedere e non vedere tra i fari, lampioni che piovono neve, pochissima gente. Cenare, poi essere stanchi e girare un poco, con sola giacca, senza tanti stupidi pelliccioni, tra la neve fitta e sentirsi sempre più stanchi con le palpebre che cadono (…), e infine sotto le coperte con un salto sapendo con grandissima gioia che fuori nevica”.
audio_file Letto da: Piero Bardash Emons Audiolibri
arrivare in ampezzo

Il Monte Antelao disegnato da Amelia Edwards nel 1872.
location_on 46°31'27.0"N, 12°07'12.6"E
Pocol, Belvedere