7. INVERNO DI MALATO
ALBERTO MORAVIA E I SANATORI ALPINI
location_on Via Pedonale, Istituto Codivilla
Dietro questa cortina opaca, quei fantasmi grigi e costernati erano gli abeti della foresta vicinissima; il gran silenzio che giungeva dall’esterno dava una idea della fittezza e dell’estensione della nevicata. E nella stanza tutta ingombra dei due letti, dove la luce era accesa fin dal mattino e l’aria viziata della notte non se ne andava mai completamente, le ore passavano interminabili.
Alberto Moravia, Inverno di malato
Cosa accade al tempo quando ci si trova in montagna? E nei sanatori alpini? Il mistero dello scorrere delle ore, che rallentano fino quasi a fermarsi, è al centro del capolavoro di Thomas Mann. “Magica” o “incantata”, la montagna trasporta e trasforma, isola il visitatore non appena vi si avvia attraverso i tornanti, plasma e modifica perfino i ricordi. Eppure non c’è solo il Berghof nel quale resta sospeso Hans Castorp. Ritroviamo un simile mistero tra le pagine che sull’Istituto Elioterapico Codivilla di Cortina scrisse Alberto Moravia (1907 – 1990), ricordando l’ospedale-sanatorio. Il 1° giugno 1924, diciassettenne malato di tubercolosi ossea, Moravia vi era stato ricoverato. Vi restò più di un anno. Nei primi due mesi, per mancanza di letti, si ritrovò in camera insieme a un altro paziente, un viaggiatore di commercio, milanese, più grande di età, “uomo grossolanissimo e ineducato se mai ce ne fu”, che cercava di trascinare il giovane Alberto in imbarazzanti confessioni di esperienze sessuali. Vicenda che avrebbe poi ispirato uno dei suoi più apprezzati racconti, Inverno di malato (1930). Una volta spostato in una stanza singola, l’avversario di Moravia fu la solitudine. “Alle otto cura solare, nudo sulla terrazza con il sole che appena spuntava dietro il Sorapis. Alle undici tornavo in camera, il sole era troppo forte. Alle dodici visita medica. Dalle due alle otto solitudine e lettura. Poi cena. Con una matita un giorno scrissi sul vetro della finestra: Solo col sole”. Al Codivilla Moravia visse quasi come in villeggiatura, prendendo lezioni di tedesco e d’inglese, incontrando tra gli altri i cugini Carlo e Nello Rosselli, venuti a trovarlo per commentare l’assassinio di Giacomo Matteotti; ammirando con invidia gli sciatori dalle finestre, contemplando il cambiare delle stagioni delle Dolomiti. Nel settembre 1925, lasciato il sanatorio per Bressanone, cominciò Gli indifferenti, suo romanzo di maggior successo. La montagna non era riuscita a intrappolarlo per sempre.
audio_file Letto da: Gaetano Bruno Emons Audiolibri
moravia corretto

Alberto Moravia nel suo abbigliamento montano preferito: "giacca di tweed, pantaloni di flanella grigia, scarpe di camoscio" (Nunzio Spina).
location_on 46°33'13.3"N, 12°07'51.2"E
Via Pedonale, Istituto Codivilla